INGV: 50 anni dal terremoto del Belice
Nella notte del 15 gennaio 1968, la disastrosa sequenza di scosse oltre a colpire le popolazioni dei 21 paesi coinvolti della Valle del Belice, comprendendo una vasta area della Sicilia Occidentale, fu avvertita in maniera sensibile anche nel capoluogo Palermitano, dove per l’appunto furono attrezzate tendopoli per ospitare chi per sicurezza abbandonò le proprie abitazioni. Furono allestite a Piazza Magione, nel centro storico della città, ed all’interno dello stadio di atletica leggera (Stadio delle Palme), ubicato nella periferia nord-occidentale della città, alle falde del Monte Pellegrino.
L’allora Istituto Nazionale di Geofisica (ING), oggi Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), seguì l’evolversi della sequenza sismica attraverso una rete di monitoraggio che, rispetto alla consistenza di quella attuale, era caratterizzata da un numero molto minore di stazioni che coprivano in maniera incompleta il territorio italiano.
Quello del Belice può essere definito il primo “terremoto mediatico” della repubblica, in quanto per la prima volta i mezzi di comunicazione, a stampa e radiotelevisivi, seguirono l’evolversi degli eventi. La generale approssimazione che caratterizzò gli interventi di soccorso mise a nudo l’impreparazione dello stato ad affrontare catastrofi naturali di vasta entità.
La sequenza sismica del Belice si pone quindi come ideale momento di inizio di un lungo processo che, passando per i successivi terremoti del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980), ha condotto alla nascita ed allo sviluppo di quella che oggi è la moderna Protezione Civile, della quale INGV è parte integrante con competenze che riguardano il monitoraggio delle aree vulcaniche e sismicamente attive del territorio nazionale.
La distruzione generalizzata, la drammatica realtà delle baraccopoli e il lungo ed accidentato processo di ricostruzione che segui’, bloccarono un processo di rinascita economico-sociale di quel territorio avviatosi ben prima del terremoto del 1968. Tale movimento, promosso da Danilo Dolci e basato su una pianificazione dal basso, per anni aveva coinvolto pubbliche amministrazioni, sindacati e lavoratori, culminando nel 1967 nella cosiddetta “Marcia della protesta e della speranza per la pace e lo sviluppo della Sicilia Occidentale”, alla quale parteciparono intellettuali del calibro di Carlo Levi, Bruno Zevi, Lucio Lombardo Radice ed Ernesto Treccani.
A 50 anni di distanza da quella tragedia sismica il territorio del Belice, pur nella consapevolezza di stare perseguendo un cammino lungi dal potersi definire compiuto, ha saputo risollevarsi raggiungendo livelli di eccellenza in settori non solo legati tradizionalmente al territorio, come la produzione viti-vinicola ed olivicola o l’eno-gastronomia, ma anche nell’offerta culturale da parte delle diverse realtà operanti nel comprensorio belicino.
L’istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia è parte attiva di questo processo in corso, promuovendo da anni attività di ricerca e monitoraggio specificatamente finalizzate alla migliore comprensione dei meccanismi che governano la sismicità della Sicilia Occidentale, nella consapevolezza che la conoscenza è l’elemento fondante di ogni attività di mitigazione dei rischi naturali.