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Laboratorio di Gascromatografia

Responsabile Unità Laboratori Geochimici: Manfredi LONGO
E-mail: manfredi.longo@ingv.it

Referente di Laboratorio Chimica Gas: Walter D’ALESSANDRO
E-mail: walter.dalessandro@ingv.it

E-mail: laboratoriogascromatografia.pa@ingv.it

Regolamento accesso ai laboratori

Laboratorio Gascromatografia

La gascromatografia è una tecnica di analisi che consente di separare, uno per uno, i diversi componenti di una miscela. Si può applicare sia a campioni di gas, sia a liquidi, sia a solidi purché riconducibili allo stato di vapore entro certi intervalli di temperatura. Uno dei tipici campi di impiego della gascromatografia applicata alle Scienze della Terra consiste nell’analisi di fasi gassose e liquide in aree vulcaniche attive, dove lo studio dei componenti volatili presenti nelle emissioni superficiali fornisce preziose informazioni sulle condizioni fisico-chimiche e sulla dinamica dei fluidi magmatici profondi.

Il funzionamento di un gascromatografo si può semplificare nei seguenti passi. Il campione da analizzare viene sottoposto al flusso di un gas di trasporto o carrier (fase mobile), solitamente consistente in un gas inerte come azoto, elio o argon, e avviato all’interno di una colonna cromatografica. Lungo la colonna, al cui interno si trovano sostanze (fase stazionaria) in grado di separare le varie componenti della miscela gassosa, i vari costituenti del campione vengono rallentati in misura differente e quindi separati. All’uscita della colonna, uno o più rivelatori segnalano l’arrivo dei diversi componenti a un sistema di elaborazione dei segnali. Il prodotto finale è un gascromatogramma in cui la miscela analizzata è diagrammata secondo i vari componenti.

Le tre parti principali di cui si compone un sistema gascromatografico sono schematizzate nella (Fig.1).
1) una bombola di carrier gas munita di riduttori di pressione e filtri che hanno il compito di purificare il gas in ingresso da eventuale vapore acqueo e impurità varie;
2) un gascromatografo propriamente detto, con un ulteriore regolatore di flusso, un sistema di introduzione del campione, una o più colonne, uno o più detector;
3) un’interfaccia che collega il gascromatografo a un software per la gestione, l’elaborazione e l’immagazzinamento dei dati.

Figura1
Fig.1

Il laboratorio di gascromatografia di INGV-Palermo è in grado di effettuare analisi chimiche quantitative di gas liberi, gas arricchiti mediante rimozione di CO2 in ampolle a NaOH e gas disciolti nelle acque.
La concentrazione dei campioni viene stabilita sulla base del metodo dello standard esterno, per mezzo di gas standard appositamente acquistati, con concentrazioni delle varie specie variabili fra pochi ppm e il 100%. Opportune curve di calibrazione restituiscono i valori di concentrazione dei vari analiti. Una buona evacuazione del loop d’ingresso e di tutto il sistema d’introduzione viene garantito da pompe rotative.
L’introduzione del gas nei gascromatografi avviene mediante un sistema appositamente congegnato (Fig.2), che porta il campione a una valvola multiporta da cui successivamente il campione verrà introdotto in colonna. Non vengono utilizzati iniettori. Ovviamente, laddove si usa He come carrier gas risulta impossibile indagare la concentrazione di He, e lo stesso dicasi per l’Ar.

I rivelatori utilizzati sono:

A) Rivelatore a termoconducibilità, anche chiamato Hot Wire Detector (HWD) o Thermal Conductivity Detector (TCD). E’ un rivelatore sensibile alla concentrazione dell’analita, universale e non distruttivo. Il suo funzionamento dipende dalla differente conducibilità termica di varie specie gassose (Fig.3). E’ formato da due filamenti, uno attraversato da carrier puro, l’altro dal gas in uscita dalla colonna (carrier più campione). I filamenti sono parte di un ponte di Wheatstone (circuito elettrico bilanciato). Quando il campione attraversa il filamento si ha una differente conduzione di calore dal filamento stesso. La temperatura del filamento varia, e quindi anche la resistenza. A questo punto, il ponte è elettricamente sbilanciato. Lo sbilanciamento elettrico è amplificato e mandato all’interfaccia. In definitiva, il segnale fornito dal rivelatore è direttamente proporzionale alla concentrazione degli analiti.

La sensibilità del TCD dipende da:
– Differenza di conducibilità termica fra il gas carrier e l’analita;
– Concentrazione dell’analita;
– Corrente del filamento.

B) Rivelatore a ionizzazione di fiamma anche chiamato FID (Flame Ionisation Detector). E’ un detector distruttivo. Il carrier, convogliato in un ugello, si miscela con aria e idrogeno, che alimentano una fiamma posta all’uscita dell’ugello. La fiamma produce una corrente ionica che viene trasformata in tensione, amplificata ed elaborata. Quando un analita come il CH4 raggiunge la fiamma, esso viene bruciato e ionizzato facendo variare l’intensità della corrente e permettendo la rilevazione del segnale. Il FID viene alimentato da idrogeno prodotto da un generatore e da aria precedentemente essiccata e filtrata da idrocarburi e impurità.

Figura3
Fig.3

Il laboratorio di INGV-Palermo è dotato dei seguenti gascromatografia:

– 2 gascromatografi Agilent 7890 equipaggiati con un modulo microgascromatografico aggiuntivo (Fig.4). Il sistema è stato assemblato appositamente in base alle richieste di INGV-Palermo. Il campione gassoso viene introdotto all’interno del sistema d’introduzione, laddove viene separato in 2 aliquote.
Una prima aliquota viene introdotta all’interno del modulo microgascromatografico flussato da carrier He, dove una colonna capillare PPU separa i componenti principali. Un microdetector TCD rileva le concentrazioni delle seguenti componenti gassose: CH4, CO2, C2H6, C3H8, H2S, SO2.La seconda aliquota riempie il loop che fa parte del gascromatografo Agilent 7890 (flussato da carrier Ar) e viene successivamente introdotta in una colonna PPU. In questa colonna viene separato il gruppo dei componenti leggeri (He, H2, O2, N2, CH4, CO) da quelli caratterizzati da tempi di eluizione più alti (CO2, C2H6, C3H8, H2S, H2O, SO2, etc). Il gruppo dei componenti leggeri transita attraverso una valvola in una colonna capillare Molsieve 5°, alloggiata nello stesso vano della colonna PPU (Fig.5). Ad un tempo prestabilito, la stessa valvola taglia i componenti più pesanti, che fuoriescono in backflush dalla PPU, non raggiungono alcun detector e quindi non vengono quantificati. I componenti leggeri vengono separati dalla colonna Molsieve 5A, la cui uscita è collegata a un sistema di detector TCD + Metanizzatore + FID, dove vengono quantificati. Il detector TDC rileva He, H2, O2, N2, CH4, il detector FID rileva CH4 e CO.
A partire da una singola introduzione il sistema così composto consente l’analisi e la quantificazione delle seguenti specie gassose: He, H2, O2, N2, CH4, CO, CO2, C2H6, C3H8, H2S, SO2. Il sistema microgascromatografico lavora in isoterma, mentre quello gascromatografico può lavorare in isoterma o in programmata di temperatura.

– 1 gascromatografo Perkin Elmer Clarus 500, flussato ad Ar e equipaggiato con colonna impaccata (100/120 Shincarbon, 3 m, Figg.6 e 7). Le colonne Shincarbon sono composte da microparticelle sferiche di carbone con caratteristiche granulometriche precise, costanti e riproducibili. Sono costituite da uno scheletro carbonioso, residuo della pirolisi di un precursore polimerico e hanno un’area superficiale molto elevata. Oltre alla grande area superficiale, altre caratteristiche indispensabili per una buona fase stazionaria sono una bassa friabilità, una buona classazione e una grande inerzia chimica. Il campione viene introdotto in colonna mediante valvola multiporta e analizzato con il sistema di detector TCD + Metanizzatore + FID: le specie analizzabili sono He, H2, O2, N2, CO, CH4, CO2.

– 1 gascromatografo Perkin Elmer Autosystem XL (Fig.8), equipaggiato con colonna capillare (RT Msieve 5A, 30 m, 0.53 mm ID) flussata con carrier He. Le Msieve 5A sono colonne a setacci molecolari costituite da zeoliti (silicati di alluminio e sodio, che possono contenere anche ioni calcio). All’uscita della colonna un detector TCD rileva i seguenti analiti: Ar, O2, N2v, CH4.

– 1 gascromatografo Shimadzu 2010 (Fig.9) con carrier He ed equipaggiato con colonna capillare CP Poraplot Q e detector FID. Questo strumento viene utilizzato per la quantificazione degli idrocarburi leggeri (da C1 a C6).